lunedì 12 dicembre 2011

CAP 3

3- ENGLISH IN NORTH AMERICA

3.1 GENERAL AMERICAN

L’espressione General American (GenAm) fu coniata dal linguista americano George P. Krapp nel 1924 in riferimento ad una varietà di inglese americano priva di marcate caratteristiche regionali. È lo standard di pronuncia diffuso in gran parte del paese e quello ritenuto più prestigioso.
Un termine alternativo è Standard American English o Network Standard (dall’idea che la lingua usata alla radio e alla televisione sia priva di regionalismi e tratti socialmente marcati), ma queste due espressioni sono meno comuni.
Sul piano internazionale il GenAm è il modello di riferimento di molti paesi asiatici, dell’America Latina e, sempre più, dei paesi scandinavi. Quest’ultimo dato rivela, dunque, un cambio di atteggiamento verso i modelli di riferimento su scala internazionale.
All’arrivo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo le popolazioni indigene non superavano i 4 milioni di persone: delle loro lingue rimangono oggi in GenAm solo alcune tracce, in forma di prestiti adattati, soprattutto nella toponomastica (Mississippi = padre delle acque, Tennessee = fiume contorto).

Le cause che hanno prodotto le divergenze tra il GenAm e lo SBE sono:
    • separazione fisica di America e Gran Bretagna;
    • differenti condizioni fisiche e ambientali incontrate dai colonizzatori del Nuovo Mondo;
    • frequenti contatti con parlanti non nativi, sia autoctoni che immigrati;
    • conservatorismo e innovazione dell’inglese americano;
    • sviluppo di differenze politiche, sociali e storiche tra i due paesi;
    • crescita di un senso d’identità nazionale americana.

Tre periodi hanno influenzato lo sviluppo della lingua inglese in America:
    1. PERIODO COLONIALE (1607-1776): nonostante gli inglesi arrivarono in Nord America alla fine del 1500, i primi insediamenti stabili furono fondati solo agli inizi del 1600, a Jamestown in Virginia (1607) e a Plymouth in Massachusetts (1620). Le colonie del nord America furono fondate dai Padri Pellegrini con l’obiettivo di creare una colonia puritana. L’espansione continuò poi con una politica antispagnola e attuando la conquista dei Caraibi.
Contemporaneamente alla colonizzazione inglese del XVII secolo, il Nord America subì altri importanti insediamenti europei che hanno lasciato un segno sulla lingua e sulla cultura americane:
-olandese: agli inizi del 1600, a Nuova Amsterdam che cambiò il proprio nome in New York una volta passata sotto la dominazione inglese nel 1664. Rimangono tracce olandesi nella toponomastica (Harlem, Brooklyn);
-francese: alla fine del 1600 venne fondata una colonia francese in Louisiana. Il territorio fu acquistato dagli Stati Uniti, ma vi continuò un afflusso di immigrati francofoni, soprattutto dal Canada (i cosiddetti cajun). Questo insediamento portò all’uso di calchi francesi nella lingua inglese e alla nascita di una lingua creola a base prevalentemente francofona;
-tedesca: all’inizio del 1600 i tedeschi si stabilirono in Pennsylvania.

Nella prima metà del 1700 si erano ormai già formate le 13 colonie originarie:
    • nucleo settentrionale denominato New England, colonizzato soprattutto dalla borghesia, che comprendeva il Massachusetts, il New Hampshire, Rhode Island e il Connecticut;
    • colonie medio-atlantiche di New York, New Jersey, Pennsylvania e Delaware dove sorsero gli importanti centri economici di New York e Philadelphia;
    • colonie meridionali di Maryland, Virginia, North e South Carolina e Georgia, la cui economia era soprattutto agricola e basata sulle piantagioni di tabacco e cotone. Dalla fine del 1600 la presenza di schiavi deportati dall’Africa determinò una fusione delle loro lingue con l’inglese, originando il cosiddetto Black Vernacular English o Ebonics.
Dalla commistione delle parlate di immigrati di diversa provenienza e di svariata estrazione sociale e dal livellamento dei diversi dialetti britannici giunti in America si è formata una varietà di inglese più uniforme di quella britannica, ma abbastanza diversa da essa per fonetica e, in parte, per lessico, ma non molto per grammatica e sintassi, in quanto l’insegnamento scolastico ha sorvegliato lo sviluppo della lingua (fin dal 1636 era attiva in America l’Università di Harvard).

  1. PERIODO NAZIONALE (1776-1898): la Guerra d’Indipendenza (1776-1783) ebbe come conseguenza il distacco politico (nascita degli Stati Uniti d’America), amministrativo e, di conseguenza, anche culturale e linguistico dalla madrepatria.
L’indipendenza linguistica assunse due direzioni: la formazione di uno standard separato da quello britannico e la sua diffusione in tutto il paese.
Gli Stati Uniti allargarono le loro frontiere verso le zone occidentali dove, grazie alla mescolanza di genti e delle loro varietà linguistiche, iniziò a delinearsi il GenAm (Francovich Onesti, 1980).
Alcuni fattori che portarono alla diffusione del GenAm furono l’estensione delle linee ferroviarie, l’invenzione del telegrafo e del telefono, la diffusione dei quotidiani, la crescita dei livelli di alfabetismo e la pubblicazione di libri e dizionari.
Già alla fine del Settecento gli inglesi contestavano i cambiamenti introdotti dai coloni ribelli nel King’s English, accusandoli di provocarne l’imbarbarimento: perché trasformare il significato di certe parole (come mad usato nel senso di angry) o la loro funzione morfologica (to opinion), inventare nuovi termini (to belittle) o prenderne in prestito da altre lingue (boss o bluff dall’olandese) quando la lingua inglese parlata dalla corte britannica rispondeva perfettamente a ogni esigenza di comunicazione? Gli americani rispondevano sostenendo il loro diritto ad usare la lingua in modo nuovo, adeguato alle mutate circostanze. “la necessità ci costringe ad inventare neologismi” scriveva Jefferson nel 1813. Il popolo di una repubblica non poteva parlare la lingua di una monarchia e i rappresentanti del popolo dovevano avere come obiettivo principale la trasparenza e l’accessibilità delle loro parole a tutti i cittadini.

  1. PERIODO INTERNAZIONALE (dal 1898): con la guerra ispano-americana (1898), che portò all’annessione delle Hawaii agli Stati Uniti, il protettorato su Puerto Rico e l’acquisto delle Filippine, gli USA conquistarono l’attuale posizione di rilievo sulla scena internazionale. Anche grazie a fattori economici e culturali il centro di divulgazione dell’inglese si spostò dalla Gran Bretagna all’America.

Le caratteristiche del GenAm sono:
PRONUNCIA
Permangono alcuni tratti arcaici (conservatorismo) del XVII e XVIII secolo spariti in madrepatria:
  • è una varietà rotica, cioè in cui la /r/ viene pronunciata in tutti i contesti in cui figura nello spelling;
  • in parole come dance, path, fast si conserva la pronuncia /æ/ al posto di /α:/ (questo cambiamento è avvenuto in Inghilterra nel 1700);
  • il gruppo wh- (ad esempio in what) viene pronunciato aspirato, quindi si pronunciano diversamente gruppi di parole come which/witch e whet/wet ormai diventate omofone in RP;
  • parole come either e neither conservano la vocale iniziale /i:/ anziché /ai/.
Altre caratteristiche di pronuncia del GenAm sono:
  • nasalità (American Twang);
  • flapping: /t/ intervocalica diventa una /d/. Di conseguenza diventano omofone certe coppie di parole come written/ridden, metal/medal;
  • /j/ cade in molti casi, ad esempio in new /nu:/, tune /tu:n/;
  • diversa accentuazione delle parole rispetto alla RP, con un accento secondario (dictionary RP: /’dikənəri/, GenAm /’dikə,nεri/).
VOCABOLARIO
Anche il vocabolario del GenAm presenta caratteristiche dell’inglese britannico dell’epoca della prima colonizzazione americana:
  • mad (pazzo) significa in GenAm anche “arrabbiato”;
  • fall per autumn;
  • sick (nauseato) in GenAm significa “ammalato”;
  • I guess al posto del BE I presume “presumo”.
Sul fronte del lessico il GenAm è contemporaneamente conservativo e innovativo. Le innovazioni lessicali sono il risultato di diversi fattori:
    • calchi e prestiti da lingue indigene (squash, totem, hickory);
    • contatto con altre lingue coloniali come l’olandese (boss, Santa Claus, yankee, cookie), il francese (chowder, prairie, bureau) o lo spagnolo (ranch, canyon, rodeo, coyote);
    • adattamenti da lingue immigrate in epoche successive, come le lingue dell’Africa occidentale (voodoo, zombie), il tedesco (dumb, snorkel, noodle) o l’italiano (mafia, pizza);
    • trasformazioni del significato rispetto allo SBE (creek da “insenatura” ha assunto il significato di “ruscello”);
    • diffusione di NEOLOGISMI, termini sviluppati all’interno di ambiti scientifico-professionali specifici in cui l’industria e la tecnologia americane sono all’avanguardia (ad esempio, la tecnologia dell’informatica). Esempi di neologismi sono: streetcar, subway, movie, gasoline.
In entrambe le varietà sono presenti parole uguali con significati diversi (pants = GenAm: pantaloni, SBE: mutande) o parole diverse che hanno lo stesso significato (patatine fritte = GenAm: chips, SBE: crisps; marciapiede = GenAm: sidewalk, SBE: pavement).

Alcune differenze lessicali tra SBE e GenAm
SPELLING
Nello scritto la differenza con lo SBE è segnalata nella grafia delle parole (SBE/GenAm: colour/color, oesophagus/esophagus, centre/center, aesthetics/esthetics, fulfill/fulfil, traveller/traveler, catalogue/catalog, programme/program, tyre/tire).
Molte di queste semplificazioni dello spelling furono introdotte dal linguista americano Noah Webster (1758-1843) il quale, oltre a raccogliere il lessico nel primo grande dizionario americano, scrisse A grammatical Institute of the English Language, opera di grande importanza per la codificazione della lingua inglese in America.  
GRAMMATICA
Tratti arcaici si riscontrano anche nella morfosintassi. Ecco alcuni esempi delle differenze con lo SBE:
    • il participio passato del verbo to get per il GenAm è sia got che gotten (che, però, significa “ricevere”, ad esempio “I’ve just gotten the present”);
    • il participio passato del verbo to dive in GenAm è dove, mentre in SBE si è regolarizzato;
    • per il participio passato di alcuni verbi che terminano in nasale o in /l/ (ad esempio, dream, burn, dream, dwell, learn, spell, spoil) il GenAm predilige la forma regolare (burn- burned), mentre lo SBE quella con –t (burn- burnt);
    • Have (got) si usa anche laddove nello SBE si usa must;
    • con avverbi che indicano il passato, nello SBE si usa il present perfect (“I haven’t seen her yet”), mentre in GenAm si usa il simple past (“I didn’t see her yet”);
    • alcuni nomi collettivi, come government, police, councile, committee, team, in SBE richiedono un verbo al plurale, mentre in GenAm al singolare;

In generale in America sono più tollerate le espressioni non standard, le forme colloquiali e popolari. Le differenze sociali non hanno forti riflessi sulla lingua: in America ci sono, dunque, piuttosto delle varietà linguistiche regionali che non socioletti, che si percepiscono maggiormente, invece, nelle grandi metropoli dove la società è più stratificata e dove c’è molta emarginazione sociale.


In the first place, we should insist that the immigrant who comes here in good faith becomes an American and assimilates himself to us, he shall be treated on an exact equality with everyone else, for it is an outrage to discriminate against any such man because of creed, or birthplace, or origin. But this is predicated upon the person’s becoming in every facet an American, and nothing but an American…There can be no divided allegiance here. Any man who says he is an American, but something else also, isn’t American at all. We have room for but one flag, the American Flag, and this excludes the red flag, which symbolizes all wars against liberty and civilization, just as much as it excludes any foreign flag of a nation to which we are hostile…We have room for but one language here, and this is the English language…and we have room for but one sole loyalty and that is a loyalty to the American people”.
(Theodore Roosevelt, 1919)



3.2 LE VARIETA’ DELL’INGLESE NORDAMERICANO


Nonostante l’uniformità del GenAm, al suo interno vi sono varietà e dialetti regionali.
In base alle loro caratteristiche si possono individuare alcune macroaree dialettali (Mazzon, 1994; McArthur, 2002):

    • New England e area nordorientale: varietà più vicine allo SBE, ad esempio nella non roticità dell’accento. Nella Pennsylvania ancora si risente dell’influsso dell’antico insediamento germanofono.
    • Midland: è la varietà da cui è derivato il GenAm.
    • Area meridionale: tipico di quest’area è il cosiddetto drawl (“strascinamento”) dell’accento dovuto all’allungamento delle vocali e dei dittonghi; si parla una varietà non rotica. Una subarea è rappresentata dal cosiddetto Appalachian English che risente di un substrato irlandese.
    • Area occidentale: le varietà occidentali (soprattutto quelle della California) risultano essere le più prestigiose. In questa zona vi sono comunità bilingui con lo sviluppo di varietà di contatto come lo Spanglish.


3.3 LE VARIETA’ NON STANDARD
DI INGLESE NORDAMERICANO

Il dibattito sulla lingua negli Stati Uniti ruota intorno a due domande sorte soprattutto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento con l’arrivo di immigrati da paesi non anglofoni: “Quali trasformazioni subirà l’inglese in America?”, “E’ proprio l’inglese la lingua degli americani?”.
Queste preoccupazioni per la lingua americana erano già presenti nella visione imperiale di Thomas Jefferson che immaginava una repubblica estesa dall’Atlantico al Pacifico popolata da cittadini americani che parlavano la stessa lingua, o nel nazionalismo anglofono di Theodore Roosevelt che riteneva che l’assimilazione linguistica fosse la prima misura da prendere per evitare che gli Stati Uniti si trasformassero in un “ingarbugliato alterco di nazioni” (tant’è che nel 1803 dopo l’acquisto della Louisiana dalla Francia, inviò nel territorio americani anglofoni per diffondere l’inglese), e sono ancora evidenti nelle recenti proposte di misure legislative in difesa della lingua dominante, apparentemente minacciata dalla presenza di americani che rivendicano il diritto a conservare la propria alterità linguistica: si ritiene che il mantenimento di altre varietà non standard come il Black English o la nascita di codici ibridi come lo Spanglish, nei quali il GenAm si mescola alle lingue dei ghetti, sia un potenziale veicolo di conflittualità sociale e divisione politica, oltre che una minaccia di corruzione dell’identità nazionale.
Un gruppo di professionisti di Atlanta ha diffuso sul New York Times un appello contro il Black English in cui si vede la sagoma di Martin Luther King con il suo slogan “I have a dream”, ma in Black English, che invita i neri a combattere contro la “segregazione linguistica”.

Uno scandalo nazionale è stato causato nel 1996 dalla risoluzione del consiglio scolastico di Oakland nella quale l’idioma degli afroamericani, l’Ebonics, assume lo statuto di lingua autonoma derivante dalle lingue africane e non una cattiva versione della lingua standard.

L’accettazione della realtà bilingue aveva come finalità il recupero degli studenti neri, i cui risultati erano inferiori alla media.
Di conseguenza la connotazione negativa di Black English è venuta alla ribalta nei mass media come stigma dell’emarginazione, benché esso vanti una solida e riconosciuta tradizione letteraria.
Nella comunità ispanica, invece, vi è un forte orgoglio linguistico e, nonostante la volontà di apprendere la lingua dominante, i latinos vogliono mantenere la lingua originaria e valutano positivamente il bilinguismo. Per questo la minoranza ispanica è considerata più minacciosa e restia all’assimilazione delle altre.
La questione della lingua degli Stati Uniti è strettamente legata all’idea che l’inglese d’America sia l’espressione dei valori sui quali il paese si fonda (individualismo, pragmatismo e democrazia), lo strumento per la creazione e la preservazione di una comunità e dell’identità nazionale e il simbolo di libertà: l’apprendimento della lingua da parte degli immigrati è, quindi, una misura della loro adesione ai valori americani. A differenza della razza, la lingua viene giudicata un bagaglio di cui ci si può liberare attraverso un atto di volontà. Il non farlo è, al contrario, un atto di disloyalty.

Stati che hanno adottato leggi sull’inglese come lingua ufficiale: Alabama, Alaska, Arizona, Arkansas, California, Colorado, Florida, Georgia, Hawaii, Illinois, Indiana, Iowa, Kentucky, Mississippi, Missouri, Montana, Nebraska, New Hampshire, North Carolina, North Dakota, Oklahoma, South Carolina, South Dakota, Tennessee, Utah, Virginia, Wyoming.
                        
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 Inglese ufficiale


 Inglese non ufficiale


                  

In realtà la lingua standard, uniforme per pronuncia, grammatica e lessico, comune a tutti i parlanti, è una costruzione artificiale: ciò che appare neutro, senza accento, non è altro che il modo di parlare del gruppo dominante. Nelle società occidentali, il modo di parlare di una persona è un importante indice socioculturale, e se la discriminazione razziale è stigmatizzata dalla società, la discriminazione linguistica appare una forma lecita di patriottismo ed è legittimata dalle “fair opportunities”.
I gruppi che fanno propaganda a favore dell’ELA vantano tra i loro membri americani etnici famosi come Arnold Schwarzenegger e Whoopi Goldberg, prova dell’importanza di parlare inglese per “farcela” in America. L’associazione tra la padronanza dell’inglese e le possibilità di miglioramento economico e di integrazione nel mainstream americano è condivisa da una larga maggioranza della popolazione, minoranze linguistiche incluse.
Ma le teorie multiculturaliste hanno sottolineato che l’ideologia del melting pot poggia su una base razzista: l’assimilazione presuppone la superiorità della propria cultura sulle altre e nega le possibilità di un contatto interculturale.
Un emendamento come l’ELA potrebbe causare difficoltà in un paese multiculturale come gli Stati Uniti e la mescolanza di codici linguistici rappresenta, invece, uno strumento di resistenza all’ideologia dell’americanizzazione come assimilazione dei valori wasp (white american anglo-saxon protestant). La trasformazione creativa della lingua vuole dar conto della differenza insita nei soggetti bilingui e la lingua inglese contaminata da altre lingue diventa lo strumento per rappresentare la propria alterità, che non trova espressione nello standard, ma anche l’appartenenza agli Stati Uniti.
La coesistenza di lingue diverse è, inoltre, un aspetto della cultura americana presente fin dai tempi delle colonie, quando sia lingue europee che lingue amerinde erano parlate sul territorio dell’America del Nord, e quando nel Seicento, insieme agli schiavi, arrivarono numerose lingue africane. Come ha affermato il leader afroamericano Jesse Jackson nel suo famoso discorso “The Rainbow Coalition” (1984) “America is not like a blanket - one piece of unbroken cloth, the same color, the same texture, the same size. America is more like a quilt – many patches, many pieces, many colors, many sizes, all woven and held together by a common thread”.
L’inglese continua a dominare come lingua nazionale e c’è, invece, bisogno di politiche linguistiche per la salvaguardia delle altre lingue, perché il monolinguismo non è altro che un mito. Ad esempio Fishman (1967) ipotizza che, per sopravvivere alla convivenza con l’inglese, lo spagnolo debba trovare una specializzazione d’uso (diglossia).
Alcune leggi come il Civil Rights Act (1964), il Bilingual Education Act (1968) e l’Executive Order 13166 (2000) hanno sancito il diritto degli americani non angofoni a non essere discriminati a causa del fatto di non parlare bene l’inglese. Al contrario leggi anti-bilinguismo sono state adottate in vari stati e nel 2002 anche il governo federale, con la legge No Child Left Behind, è andato verso l’abbandono dei programmi scolastici bilingui per una razionalizzazione economica delle risorse federali e statali impiegate nella pubblica amministrazione.
Le minoranze vedono il bilinguismo come il modo per conservare la propria identità e la propria differenza linguistica: per questo i codici dalla forte connotazione meticcia come lo Spanglish sono tanto avversati dal movimento English-Only, in quanto visti come una minaccia all’omogeneità della lingua nazionale.
Secondo statistiche entro il 2050 gli Stati Uniti saranno il secondo paese di lingua spagnola delle Americhe. In alcune città degli Stati Uniti con una forte presenza di parlanti non anglofoni (come a New York dove i cittadini di lingua spagnola sono più del 25 per cento della popolazione, o in alcune comunità della California dove i latinos o gli asiatici costituiscono la maggioranza) il BILINGUISMO è stata una scelta obbligata per il funzionamento quotidiano delle comunità (dai segnali stradali agli annunci pubblicitari, dalla pubblica istruzione ai mass media), in modo che gli americani non anglofoni possano usufruire dei loro diritti di cittadinanza.


Le lingue maggiormente parlate in USA nel 2005. Circa l’80% della popolazione parla inglese, mentre il 20% parla altre lingue.


EBONICS o BLACK ENGLISH

L’Ebonics (da ebony = black e phonics = speech sounds) o BE, sviluppatosi come lingua di contatto tra l’inglese e le diverse lingue parlate dagli schiavi africani deportati nelle piantagioni di cotone americane fin dal 1600, è la varietà di inglese parlato dagli afroamericani.
È questo idioma connotato verso il basso che caratterizza quei tratti stilistici rivelatisi determinanti per trasformare alcune personalità “etniche” in rappresentanti di prima grandezza della cultura americana (Martin Luther King). Chi condanna il BE non sono solo i puristi della lingua, ma anche chi l’ha rifiutato come ad esempio ha fatto Malcolm X.
Il BE è un luogo di scontro ideologico in cui convergono tensioni legate alla lingua e alla sua autorevolezza politica: il linguaggio, infatti, è uno strumento di resistenza.
L’Ebonics è utilizzato nell’ odierna industria culturale statunitense: la musica rap (Eminem), il blues, il cinema di Spike Lee e di Eddie Murphy.
Il BE ha tratti in comune con i creoli parlati in Giamaica, Trinidad e Barbados nati anch’essi dal contatto tra l’inglese e diverse lingue africane, e alcune sue caratteristiche sono ormai migrate nel GenAm.
Le caratteristiche del BE sono:
    • semplificazione della declinazione del verbo “to be”: “is” è usato anche per la seconda persona singolare; la prima persona resta invariata però la pronuncia viene allungata (Ah am); “was” viene usato per tutte le persone (ad esempio nella canzone “Me and the Devil Blues” di R.Johnson del 1936: “Me and the devil, we was walking side by side”) per un fenomeno di ipercorrezione;
    • uso del verbo “to be” non declinato (detto “invariant be”) per la formazione del futuro e del condizionale (“She be home” al posto di “She will be at home”);
    • uso di “be” (oppure “bees” se il soggetto è “it”) per esprimere azioni ricorrenti e abituali (“Rosy be said” = “Rosy è sempre triste”);
    • aggiunta dell’avverbio “steady” all’invariant be per enfatizzare la continuità di un’azione (“He be steady quoting his mother” = “Egli continua a ripetere quel che dice sua madre”);
    • doppia negazione (titolo della canzone “No Woman no Cry”, del giamaicano Bob Marley);
    • assenza del suffisso “-ed” per il passato e il participio passato;
    • zero copula”, cioè omissione del verbo “to be” quando coniugato alla terza persona singolare e plurale (canzone “Lost Ones” di Lauryn Hill: “Some wan’ play young Lauryn like she dumb”);
    • intercambiabilità delle forme pronominali (titolo della canzone “Them Belly Full” di Bob Marley: “them” sostituisce “they”. Vi è anche la zero copula);
    • verbi al presente non coniugati alla terza persona (“he do”);
    • raddoppiamento del soggetto (canzone “Everything is everything” di Lauryn Hill: “Change, it comes eventually”);
    • signifying”, cioè si cambia il significato di parole e aggettivi abitualmente ritenuti offensivi (“nigger” se pronunciata da un nero indica fratellanza e “bitch” (prostituta) significa “la mia donna”);
    • ornamento della lingua: ricorso a metafore e similitudini (“cloakers” per “truffatori”, “Beat to the socks” = “ridotto in povertà”), doppia descrizione (“high-tall”, “low-down”, “sitting-chair”), trasformazione di verbi in nomi e viceversa (“She won’t take a listen”, “Funeralize”).

I was on the humble, you – on every station.
(Lost Ones, Lauryn Hill)
Nella canzone Lost Ones, Hill coniuga l’ausiliare do senza aggiungere il suffisso –es (My emancipation don’t) come richiederebbe la grammatica standard, e declina il verbo to be in maniera semplificata (I was).


O de birds ar’ sweetly singin’,
Wey down Souf,
An’ de banjer is a-ringin’,
Wey down Souf,
An’ my heart is a sighin’,
Whil’ de moments am a flyin’
Fur my hom’ I am a-cryin’,
Wey down Souf.
(Wey Down Souf, Daniel Webster Davis, 1895)
Daniel Webster Davis, americano figlio di schiavi neri compone questa poesia in Black English.
Da notare: “th” trasformato in “f” (Souf= south) o in “d” (de), “for” in “fur”, “way” in “wey”; il present continuous è reso con il prefisso –a (is a-ringin’, is a sighin’, am a-flyin’, I am a-cryin’); esemplificazione della declinazione del verbo to be (Moments am).


SPANGLISH
Lo Spanglish è il risultato della commistione di inglese e spagnolo in cui domina la lingua e la cultura ispanica (Johnson, 2000).
L’inglese, dunque, interviene a modificare una struttura linguistica che resta spagnola. La sovrapposizione delle due lingue non le inquina necessariamente, ma c’è semmai giustapposizione.
La convivenza di spagnolo e inglese in terra americana affonda le radici nella storia a partire dal periodo coloniale.
Nel censimento del 2000 si sono dichiarati ispanici il 13% della popolazione. I latinos sono, dunque, la minoranza più numerosa, e le cifre sono destinate a crescere nei prossimi anni. Essi sono un gruppo bilingue per cui il valore sociale dello spagnolo è in parte scalzato dalla presenza dell’inglese americano che, nel contesto statunitense, ha il posto della lingua di prestigio, sospingendo verso il basso lo spagnolo. Vi è infatti un doppio processo di stigmatizzazione ad opera dei gatekeepers, i guardiani della correttezza di ambedue le lingue. Tuttavia lo spagnolo sembra resistere meglio alle spinte assimilatrici grazie all’accesso a mezzi di comunicazione quali la radio, la televisione o la stampa, con sempre maggiore visibilità in aree sempre più vaste del paese.
Dato che i latinos vogliono mantenere la loro lingua originaria, negli Stati Uniti si ha il timore che lo spagnolo possa prendere il sopravvento sulla lingua inglese.
Nello spanglish sono diffusi i fenomeni di “interferenza”: per Weinreich l’interferenza è il fenomeno per cui emergono nel parlato elementi estranei alla grammatica in uso in quel momento, producendo una variazione dovuta alla compresenza e all’influsso di un altro codice. Il parlante, dunque, non trova le parole e torna, per una sezione più o meno lunga di discorso, alla lingua madre. Questo avviene spesso con le interiezioni (“Dios mio”).
Nello spanglish sono diffusi, inoltre, fenomeni di mescolanza o code-mixing per cui nella stessa frase si usano due lingue diverse (“Hizo improve mucho” per “She improved much”) o casi in cui la parte inglese è adattata fonologicamente e morfologicamente alle norme dello spagnolo (“Taipeo las cartas” per “I type the letters”). Quest’ultimo fenomeno è molto diffuso anche nel glossario spanglish: boila (pentola, da boil), chopear (fare la spesa, da shopping), printear (stampare, da print), rufo (tetto, da roof).

I think in Spanish
I write in English
tengo las venas aculturadas
escribo en spanglish
Abraham en espaňol
Abraham en English
tato in Spanish
taro” in english
tonto in both languages
ahì super que estoy jodìo
ahì super que estamos jodìos
english or spanish
spanish or english
spanenglish
now, dig this:
hablo lo ingles matao
hablo lo espaňol matao
no sé leer ninguno bien
so it is, spanglish to matao
what I digo
iay virgen, yo no sé hablar!
(My graduation Speech, Laviera)
In questa poesia Laviera, nato a Puerto Rico, mescola inglese e spagnolo in una sorta di confusione. Il riferimento al suo nome, Abraham, riflette quel particolare momento in cui arriva negli Stati Uniti e un’insegnante cambia il suo nome che lui, qui, rivendica.
“Matao” o no, lo spanglish è la sua lingua e lui non può né vergognarsene né scusarsene.
L’esperienza dei portoricani a New York ha fatto nascere una nuova lingua: il Nuyorican che include tutte le varietà delle lingue a disposizione (inglese, Black English, spagnolo): il bilinguismo e la commutazione di codice incoraggiano la creatività verbale e la sperimentazione, con la creazione di nuove espressioni miste.

They kept on telling me
tù eres disparatera”
they kept on telling me
no se entiende”
they kept on telling me
habla claro, speak spanish”
they kept on telling me
telling me, telling me
and so, the inevitable
my spanish arrived
tù quieres que yo hable
en espaňol” y le dije
all the spanish words
in the vocabulary, you
know which ones, las que
cortan, and then I proceeded
to bilingualized it, I know
yo séthat que you know
tù sabes que yo soy that
I am puertorriqueňa in
English and there’s nothing
you can do but to accept
it como yo soy sabrosa
proud ask any streetcorner
where pride is what you defend
[…]
(Brava, Tito Laviera)
Laviera parla del conflitto e dalla frustrazione generati in una donna dal bilinguismo e dal fatto di essere portoricana (non spagnola).
Questa donna dichiara in spanglish di rifiutare la stigmatizzazione linguistica dovuta alla mescolanza di varietà considerate basse.


Por eso cada, you know it’s nothing to be proud of, porque yo no estoy proud of it, as a matter of fact I hate it, pero viene Vierne y Sabado yo estoy, tu me ve haci a mi, sola with a, aqui solita, a veces que Frankie me deja, you know a stick or something, y yo aqui solita, queces Judy no sabe y yo estoy haci, viendo television, but I rather, y quando estoy con gente yo me.
(brano raccolto da Pedraza nell’area portoricana dello Upper West Side).
Questo parlante commuta continuamente all’interno della frase senza esitazioni: l’inglese si mescola allo spagnolo anche nei rapporti più interni al gruppo ed in narrazioni personali o intime.


Oye papi
If you like it mocha
Come get a little closer
And bite me en la boca
(Rabiosa, Shakira)
Nel ritornello di questa canzone, la famosa cantante Shakira mescola inglese e spagnolo.
Il video della canzone è visibile su www.youtube.com/watch?v=dYxbehxlzbc (Rabiosa- Shakira feat Pitbull)

3.4 CANADIAN ENGLISH

Il Canada, paese plurilingue, ha stabilito a livello federale la parità tra l’inglese e il francese.

l Canada è storicamente bilingue, seppure con una prevalenza numerica della componente inglese (40%) sulla francese (27%).
In Québec due terzi della popolazione è di madrelingua francese.
La varietà d’inglese canadese, il CanEng, deve la sua origine all’arrivo nella regione di immigrati (i cosiddetti loyalist perché fedeli alla madrepatria) che fuggivano dagli Stati Uniti dopo la Rivoluzione americana (1776-1793).
Il CanEng è stato successivamente sottoposto agli influssi di altre ondate migratorie, provenienti dapprima da Scozia e Irlanda, poi anche da paesi non anglofoni, quali Olanda, Germania, Italia e, recentemente, dalla zona caraibica.
Il CanEng è simile al GenAm ma le differenza più marcate sono: il cosiddetto Canadian Raising, che consiste nella diversa collocazione dei dittonghi (house /həus/ = casa, /hauz/ = dare alloggio), alcune scelte di spelling in cui spesso prevale la variante britannica, e lo sviluppo di un lessico autoctono per descrivere il nuovo ambiente in cui la lingua è venuta a trovarsi.





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