martedì 13 dicembre 2011

Tesi di Laurea Triennale


LE VARIETA' LINGUISTICHE DELL'INGLESE: MATERIALI.


di Eleonora Lagoverde


Relatore: Prof.ssa Paola Catenaccio

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE

L’inglese è la prima vera “lingua globale”. Nel passato altre lingue come il latino e il francese sono state lingue internazionali, ma nessuna ha mai raggiunto la stessa penetrazione dell’inglese, parlato da circa un quarto della popolazione mondiale e lingua ufficiale in 40 paesi.
L’inglese è la lingua delle comunicazioni, della navigazione marittima e aerea, della scienza, dell’economia, delle relazioni internazionali e diplomatiche.
Ma oggi più che di English si dovrebbe parlare di Englishes, nuove varietà sviluppatesi a partire dalla lingua della madrepatria.
La mia tesi “Le varietà linguistiche dell’inglese: materiali” ha proprio lo scopo di analizzare l’argomento, anche attraverso l’utilizzo di testi e audio files per comprendere più approfonditamente il fenomeno.

Nel primo capitolo ho descritto il ruolo assunto dall’inglese come lingua internazionale e lingua franca in situazioni ufficiali, professionali, scientifiche e quotidiane, e le ragioni della rapida e vasta diffusione di questa lingua.
La crescita dell’inglese è stata condizionata soprattutto dal Colonialismo dell’impero britannico con una conseguente espansione demografica di parlanti nativi inglesi, dall’“imperialismo economico” di Londra e New York nell’Ottocento e dall’ampia diffusione di prodotti culturali inglesi e americani (pubblicità, musica, cinema, Internet).
Appoggiandomi a studi sull’argomento ho potuto meglio spiegare la nascita dei New Englishes e i meccanismi utilizzati dai parlanti in situazioni di bilinguismo, come il code switching.
E’ errato ritenere che il futuro del World English sia l’uso di una delle due varietà d’inglese americano o britannico, perché essi verranno integrati da altre varietà.

Nel secondo, terzo e quarto capitolo ho analizzato l’inglese dei paesi in cui è Native Language: Gran Bretagna (SBE e Received Pronunciation), America (GenAm), Australia (AusEng), Nuova Zelanda (NZE) e Sud Africa (SAE). Per ogni paese ho annesso una breve descrizione degli avvenimenti storici che hanno portato alla diffusione dell’inglese in questi contesti, le caratteristiche grammaticali, lessicali e di pronuncia delle diverse varietà e approfondimenti sui vari dialeti locali, spesso influenzati da sostrati linguistci preesistenti (ad esempio il Wenglish costruitosi a partire dal gallese) o da altre lingue presenti sul territorio (ad esempio: Spanglish, Jafaican).

Nel quinto capitolo ho trattato le varietà non native e di contatto: l’euro-english nato nei luoghi della burocrazia di Bruxelles, i creoli e i pidgin a base inglese che si sono formati in seguito allo sfruttamento di manodopera e schiavi durante il Colonialismo, i New Englishes e le lingue ibride (franglais, italiese, japlish). Ho approfondito infine alcune varietà non native (Indian English, Caraibbean English e Singapore English).

L’ultima parte è corredata da materiali (testi, poesie, canzoni, siti Internet) utili all’ascolto, all’apprendimento e all’approfondimento degli argomenti trattati nei capitoli precedenti.
Ho scelto di analizzare dei testi per cercare di estrapolare le caratteristiche linguistiche, grammaticali e lessicali delle diverse varietà e ho inserito link di siti Internet che rimandano a dizionari, audio files, confronti tra le varietà, esercizi di apprendimento, elenchi di espressioni idiomatiche e slang.
Quest’ ultima parte mi ha consentito di comprendere meglio le peculiarità delle diverse varietà e di applicare in modo pratico le conoscenze teoriche acquisite, rendendo più dinamica la trattazione dell’argomento.

lunedì 12 dicembre 2011

CAP 1

1-ENGLISH, FIRST GLOBAL LANGUAGE

Latino e francese, in epoche e contesti diversi, sono state LINGUE INTERNAZIONALI: questo ruolo è assolto oggi dall’inglese. Una lingua internazionale è una lingua che viene usata per mettere chi parla in condizione di comunicare le proprie idee e la propria cultura servendosi di quella lingua (Brutt-Griffler, 2002) e, dunque, funge da “ponte” nella comunicazione tra individui e comunità con lingue materne differenti che, altrimenti, non potrebbero comprendersi. In questo senso una lingua internazionale è una LINGUA FRANCA (“a language that serves as a medium for people who do not use it natively”). Una lingua internazionale si denazionalizza e deculturizza, cioè perde i riferimenti alla nazione o ai popoli da cui viene parlata come nativa (Lam, 2002), diventando uno strumento di comunicazione inter- e sopranazionale privo di un background socioculturale di chi lo utilizza (Santipolo, 2002).
L’inglese, a differenza del francese e del latino che erano lingue elitarie, svolge un ruolo di democratizzazione, ossia si diffonde negli strati della popolazione socialmente ed economicamente meno elevati a cui, un tempo, la comunicazione internazionale era preclusa.
Secondo Crystal (1997) i principali canali che oggi favoriscono la diffusione e il mantenimento dell’inglese come lingua internazionale sono: i media (stampa, radio, tv, cinema, musica, Internet), i viaggi internazionali, la sicurezza internazionale (ad esempio l’Airspeak, la lingua ufficiale del traffico aereo), l’istruzione, la ricerca scientifica e la politica internazionale.
La prima delle alleanze internazionali moderne che attribuì all’inglese un ruolo speciale nelle sue procedure fu la Società delle Nazioni: inglese e francese erano le due lingue ufficiali e i documenti erano redatti in entrambe.
L’inglese è emerso come lingua mondiale negli anni Novanta, e ciò significa che è stato adottato in molti paesi del mondo in cui non rappresenta la lingua madre: lingua ufficiale di comunicazione e, quindi, seconda lingua, (Nigeria, India, Singapore, Puerto Rico, Pakistan, Malta, Emirati Arabi) o lingua prioritaria nell’insegnamento delle lingue straniere di un paese.
David Graddol ha stimato che l’inglese, come madrelingua, seconda lingua o lingua straniera, sia parlato da un miliardo e 400 milioni di persone, dunque circa un quarto della popolazione mondiale: nessun’altra lingua viene usata in modo così esteso, né sul piano quantitativo né su quello geografico, superando persino il cinese.

Questa espansione ha avuto luogo ad una velocità impressionante a partire dagli anni Cinquanta, in quanto vi era la necessità di un idioma comune, di una lingua franca, ad esempio nella comunicazione politica internazionale e negli incontri d’affari.
L’inglese è usato per comunicare nelle più disparate situazioni: quotidiane, ufficiali, professionali o scientifiche.


L’inglese è lingua ufficiale e prima lingua (Native Language) in:
  • Regno Unito;
  • Repubblica d’Irlanda;
  • Stati Uniti;
  • Canada (tranne il Quebec);
  • Australia;
  • Nuova Zelanda.

L’inglese è lingua ufficiale (sola o con altre lingue) e spesso seconda lingua in:
  • Europa: Gibilterra, Malta, Gozo;
  • Africa: Africa del Sud, Botswana, Gambia, Ghana, Kenya, Lesotho, Liberia, Malawi, Namibia, Nigeria, Uganda, Sierra Leone, Swaziland, Tanzania, Zambia, Zimbabwe;
  • Mar delle Antille: Antigua e Barbuda, Barbados, Belize, Dominica, Grenada, Giamaica, Saint Christopher e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Trinidad e Tobago, Anguilla, Isole Vergini, Isole Cayman, Montserrat, Turks e Caicos;
  • Oceano Atlantico: Bahamas, Guyana, Bermuda, Sant’Elena, Isole Falkland;
  • Oceano Indiano: Maldive, Isole Mauritius, Seychelles;
  • Asia: Sri Lanka (Ceylon), India, Malaysia, Pakistan, Myanmar (Birmania), Singapore, Hong-Kong, Filippine;
  • Oceania: Figi e Pitcairn, Kiribati, Nauru, Nuova Guinea, Vanuatu, Salomone.

L’inglese è lingua veicolare o lingua della scuola ad esempio in:
  • Asia: Bangladesh, Brunei, Thailandia;
  • Africa: Israele, Sudan, Egitto.

Una lingua diventa lingua mondiale per una ragione soltanto: il potere del popolo che la parla. La crescita dell’inglese è stata condizionata, in tempi diversi, dal potere politico e militare (Colonialismo dal Cinquecento), dal potere tecnologico (Rivoluzione Industriale del Sette-Ottocento), dal potere economico (nell’ Ottocento Londra e New York diventano capitali della finanza mondiale: si parla di “imperialismo economico”) e dal potere culturale (nel Novecento esso si è manifestato attraverso sfere di influenza inglesi e americane: stampa, pubblicità, programmi radio, cinema, musica e Internet sono in inglese).
Dato che lo status linguistico è connesso a queste variabili, vi è, però, la possibilità che l’inglese come lingua mondiale verrà in futuro sostituito da altre lingue, come è successo in passato con il latino, anche se le comunicazioni planetarie e la mobilità, oggigiorno, impediscono il verificarsi di una frattura nel mondo anglofono simile a quella avvenuta per il latino e contribuiscono al mantenimento dell’unità linguistica nonostante l’esistenza di diverse varietà di inglese.
Secondo il modello espansionistico di Rudolph Quirk (1985) i motivi che hanno contribuito alla diffusione mondiale dell’inglese sono: l’espansione coloniale (con conseguente controllo politico sulle popolazioni colonizzate, soprattutto in Asia e Africa nel 1800 e 1900), l’espansione demografica (migrazioni e insediamenti di parlanti nativi della Gran Bretagna, soprattutto in America e Australia) e l’espansione economico-culturale (soprattutto a opera degli Stati Uniti).

Come spiega Brutt-Griffler (2002) i primi due tipi di espansione implicano una migrazione di parlanti nativi: l’inglese sostituisce, quindi, la lingua nativa e diventa la Native Language.
Nell’espansione economica-culturale, invece, si parla di macroacquisizione, cioè di un apprendimento su larga scala da parte della popolazione locale: in questi casi l’inglese dà origine ad un New English, cioè ad una varietà indigenizzata di inglese (ad esempio in India), oppure si sviluppa una situazione di bilinguismo o plurilinguismo in cui l’inglese è una Foreign Language usata solo per le comunicazioni internazionali (ad esempio in Cina).

La lingua inglese muta continuamente: nel mondo, per esprimere nuove identità, si sviluppano forme nuove, nuove varietà denominate “NEW ENGLISHES”, nate dalla mescolanza dell’inglese e degli idiomi locali: tutte le lingue in contatto, infatti, si influenzano reciprocamente.
Questo processo potrebbe, a lungo andare, creare varietà d’inglese talmente distanti tra loro da non essere più reciprocamente intelligibili.
Nei New Englishes si mescolano parti in inglese e nell’altra lingua di contatto: ad esempio in una frase in inglese si usa un certo enunciato della madrelingua perché ritenuto più adatto per esprimersi, oppure, al contrario, si parte con la lingua madre e si passa poi all’inglese, specialmente quando si affrontano argomenti che si è imparato solo in questa lingua. Alle lingue di questo tipo si fa riferimento utilizzando nomi composti (franglais, japlish, spanglish).
Quando le persone iniziano a fare affidamento su due o più lingue si parla di CODE-SWITCHING (commutazione di codice) che è tipico del BILINGUISMO.

È, dunque, del tutto sbagliato pensare che il futuro del World English consista semplicemente nell’ampliamento d’uso dell’inglese britannico o americano, perché essi verranno integrati da altre varietà, così come, ad esempio, l’ inglese americano è nato dalla mescolanza tra inglese e lingue amerinde. La variazione è un processo intrinseco delle lingue, in quanto in continua evoluzione e soggette a cambiamenti.

Braj Kachru (1985) si serve di tre cerchi concentrici per spiegare la diffusione dell’inglese:
  • nel cerchio interno vi sono quegli Stati in cui l’inglese è la Native Language e ha uno status di ufficialità;
  • nel cerchio intermedio vi sono quei paesi in cui si sono verificate le prime fasi di espansione coloniale della lingua e in cui l’inglese è l’unico o uno dei due o più codici del repertorio linguistico e ha acquisito uno status importante nella politica linguistica locale (ad esempio in Nigeria è la lingua ufficiale, in Zambia è una delle lingue di Stato).
    In questi contesti l’inglese viene usato in ambiti culturali non originariamente inglesi e ha sviluppato tradizioni letterarie “nativizzate”.
    In questo cerchio rientrano quei paesi in cui la colonizzazione non si è evoluta in un insediamento permanente e, quindi, non ha sopraffatto completamente le lingue e le culture precedenti.

  • nel cerchio più esterno, il cerchio in espansione, vi sono quei paesi in cui la lingua ufficiale non è l’inglese, ma nei quali esso viene studiato come lingua straniera riconoscendone l’importanza e la necessità.

Le differenze tra le varietà dell’inglese sono dovute a:
  • diversa pronuncia: si parla di diversi accenti.
  • diverse situazioni sociali: si parla di stili (variazione diafasica: dipende dal cambiamento del contesto situazionale, dai partecipanti all’evento comunicativo e dalla funzione del messaggio).
  • differenze lessicali e grammaticali: si parla di dialetto.
Siccome un dialetto è associato ad una particolare area geografica prende il nome di geoletto (variazione diatopica: mutamento della lingua attraverso lo spazio fisico, geografico). Quando un dialetto è associato ad una certa classe sociale o ad un gruppo di pari, viene denominato socioletto (variazione diastratica: forme “alte” o “basse” di una lingua in relazione allo status economico, culturale e professionale dei parlanti, ma anche sottocodici, linguaggi speciali).
Vi sono, inoltre, la variazione diamesica (in relazione al mezzo usato per la comunicazione) e la variazione diacronica (mutamento della lingua attraverso il tempo).

A fianco dell’esigenza di riflettere le situazioni e le identità locali e, quindi, la diversità, vi è anche l’esigenza della comprensibilità reciproca, e ciò favorisce la standardizzazione: per questo si impara la forma standard della lingua, lo Standard English, cioè una varietà di lingua sostenuta istituzionalmente.
Per uno standard sono caratteristiche irrinunciabili:
  • l’elaborazione: la capacità di produrre testi astratti su argomenti diversi (Ferguson, 1962);
  • la codificazione: l’esistenza di un corpus riconosciuto di testi e norme di riferimento, nonché l’adozione di un’ortografia unificata;
  • l’estensione: come veicolo di comunicazione tra gruppi che parlano varietà diverse;
  • il prestigio.


I modelli di riferimento linguistico che storicamente hanno prevalso sono stati lo Standard British English (SBE) e il General American (GenAm). Emerge, però, una nuova varietà di riferimento internazionale, un modello di English as a Foreign Language che mescola caratteristiche sia dello SBE che del GenAm (Karstadt, 2002), definito MID-ATLANTIC ENGLISH.
Un altro modello di riferimento internazionale che si sta diffondendo sempre più, soprattutto in Europa, che è simile al Mid-Atlantic English, è l’EURO-ENGLISH. Si tratta, dunque, di un processo endonormativo di sviluppo (Jenkins, Modiano, Seidlhofer, 2002) che permette anche ai membri del cerchio di espansione di accedere ad un potere di regolazione delle strutture che in passato era loro precluso. Questo fenomeno comporta uno sforzo di adattamento anche da parte degli stessi parlanti nativi che si ritrovano a dover “re-imparare” la loro stessa lingua per renderla comprensibile ai non nativi.
Nel 1928 il linguista Charles Kay Ogden ideò il BASIC English, una pianificazione linguistica dell’inglese standard, utile nella comunicazione internazionale. Dopo qualche anno il tentativo fu, tuttavia, abbandonato. Negli anni ’80, invece, Jean-paul Nerrière ideò il Globish (global+english), basato su un vocabolario di 1.500 parole, uno strumento per mettere chi non conosce l’inglese nella condizione di poter comunicare.




CAP 2

2- ENGLISH IN THE UNITED KINGDOM


Formalmente l’inglese non dispone nel Regno Unito di uno statuto, anche perché il paese non è dotato di norme costituzionali. Il suo carattere di lingua ufficiale si desume dalla consuetudine e dalle disposizioni che lo rendono implicito, come il British National Act (1981) in base al quale per accedere alla cittadinanza britannica è necessario avere una conoscenza sufficiente di una delle lingue parlate nel Regno Unito, cioè l’inglese, il gallese o il gaelico scozzese.
In Gran Bretagna vi è una forte presenza di immigrati di diverse etnie, culture, religioni, classi sociali e lingue, provenienti soprattutto dal Commonwealth e concentrati nelle grandi aree urbane. Sul piano linguistico, i problemi dell’immigrazione in Gran Bretagna coinvolgono innanzitutto il sistema scolastico, in quanto spesso gli stranieri parlano un inglese creolizzato che può ostacolare la comprensione e l’apprendimento.
Le nuove minoranze vivono in condizione di ghettizzazione e di isolamento: la “disuguaglianza segregata” (Rex, 1990) sembra costituire la condizione primaria per la nascita di un pidgin-english.


2.1 STANDARD BRITISH ENGLISH e RP

Con STANDARD BRITISH ENGLISH (SBE) ci si riferisce a quella varietà d’inglese alla quale la maggior parte della popolazione del Regno Unito riconosce un prestigio palese. La grammatica, la sintassi, la morfologia, lo slang e il vocabolario sono ampiamente, sia socialmente che geograficamente, accettati e compresi in Gran Bretagna. Per quanto riguarda la pronuncia, è possibile parlare la varietà standard dell’inglese britannico senza utilizzare la pronuncia standard. Tuttavia l’accento più prestigioso è la cosiddetta Received Pronunciation (RP) (“received” originariamente significava “generally accepted by the best society”), la pronuncia delle persone istruite della regione Centro-Sud, soprattutto di Londra e delle Università di Oxford e Cambridge.
Nel XV secolo si diffuse uno standard unificato della lingua scritta per due ragioni principali: il fatto che a Londra avesse sede la Cancelleria, la cui uniformità stilistica nel redigere i documenti ufficiali finì per influenzare gli scritti privati dei cittadini; in secondo luogo, l’apertura a Londra, nel 1476, della prima stamperia del Regno vicina, fisicamente e linguisticamente, alla cattedrale di Westminster e alla Corte. L’inglese di Londra, più precisamente del West End, cioè la parlata della Corte, dell’Università, dei tribunali e delle classi sociali più alte, assunse, dunque, ben presto il ruolo di lingua standard degli stampatori (Matthews, 1972) e si estese a tutto il paese come standard e varietà colta.
Tuttavia fu solo a partire dal XVI secolo che iniziarono i primi tentativi di standardizzazione della lingua parlata, grazie agli ortoepisti, cioè coloro che si occupavano della pronuncia corretta di una lingua, attivi sotto il regno di Elisabetta I (1558-1603), e fu solo verso la metà del 1700, quando i nobili iniziarono a mandare i figli a studiare nelle Public Schools (che nonostante il nome erano scuole esclusive ed elitarie), che si diffuse uno standard di lingua: un socioletto delle classi più alte.
Durante il periodo di massimo splendore dell’impero britannico (1890-1949), il possedere una RP era uno dei criteri usati per scegliere gli ufficiali da inviare nelle colonie a rappresentare il paese.
Anche agli annunciatori e ai presentatori della BBC, almeno fino agli anni Sessanta, era richiesto di utilizzare esclusivamente la RP: per questo motivo lo SBE è anche denominato BBC English.
Sul piano internazionale lo SBE è da sempre il modello di riferimento di paesi quali il Sud Africa, l’india o la Nigeria (paesi del cerchio esterno nel modello di Kachru) e dai paesi europei in cui l’inglese è insegnato come Foreign Language (cerchio in espansione).
I simboli IPA (International Phonetic Alphabet) sono usati per la fonetica della RP.

La RP è un accento non rotico: la /r/ viene pronunciata solo quando precede una vocale, mentre cade completamente negli altri casi (/kɑ:/). La /r/ viene pronunciata anche quando la vocale che segue compare all’inizio della parola successiva, ad esempio father and son /fɑ:ðərəndsʌn/. Questo fenomeno si chiama di linking r e può portare all’ipercorrettismo, cioè alla generalizzazione di una regola in contesti dove non andrebbe applicata (law and order /lɔ:rəndɔ:də/ -intrusive r-).


2.2 SOUTHERN ENGLAND


QUEEN’S ENGLISH
Il Queen’s o King’s English rimanda al XVI e XVII secolo quando vi era l’idea che l’uso della lingua del monarca dovesse essere un modello per lo scritto e per il parlato. In quel periodo, infatti, alla corte e all’aristocrazia si associava l’idea di un linguaggio prestigioso (Wales, 1994). Il loro accento rifletteva la RP conservativa, per esempio l’uso di one al posto di I (“One says to oneself: oh God, there’s one’s daughter”, father of the duchess of York, 1986).
I giovani reali d’oggi si distanziano progressivamente da questo tipo di linguaggio: per esempio la principessa Diana in un suo discorso assunse la word-final glottal stop tipica della lingua Cockney (“There’s a lo’ of I’ about’” ).


COCKNEY ENGLISH



Il Cockney, sviluppatosi nella seconda metà del XVIII secolo parallelamente allo SBE, è la parlata popolare, il socioletto degli strati più bassi della popolazione di Londra, soprattutto della periferia orientale della città, la West End e di alcune zone del Centro-Sud.
Cockney represents the basilectal end of the London accent and can be considered the broadest form of London local accent. While many Londoners may speak what is referred to as “popular London” they do not necessarily speak Cockney” (Wells 1982).
Si dice che per essere un vero Cockney bisogna essere nati ”within the sound of Bow Bells”, le campane di St. Mary le Bow, Cheapside, nella City.
Questo accento tradizionale della classe operaia è infatti associato anche ad altri sobborghi orientali della città, come East End, Stepney, Hackne, Ahoreditch Poplar e Bow.
Molte particolarità del Cockney si sono trasferite nell’inglese dell’Australia.
Il Cockney è caratterizzato da:
  • Diphthong Shift, per cui /i:/ e /u:/ si leggono rispettivamente /əi/ e /əu/ (bee /bəi/; goose /gəus/);
  • perdita di /h/ iniziale;
  • un “rhyming slang”, cioè l’utilizzo di una coppia di parole di cui la seconda rima con la parola che si intende dire, per esempio “aplles and pears” rimanda a “stairs”, o “plates of meat” a “feet”, o “John Cleese” a “cheese”.
  • mouth vowel. Wells sostiene che la “mouth vowel” permetta di distinguere tra “true Cockney” e “popular London”.
  • se vi è th all’inizio di una parola, le dental fricatives /θ/ e /ð/ vengono sostituite rispettivamente dalle labiodental /f/ e /v/, ad esempio thin /fin/, brother /brʌvə/.
The ‘eathen in ‘is blindness bows down to wood an’ stone;
E don’t obey no orders unless they is ‘is own;
E keeps ‘is side-arms awful: ‘e leaves ‘em all about,
An’ then comes up the Regiment an’ pokes the eathen out.
(The ‘eathen, R. Kipling, 1892)

Nel testo “The ‘Eathen” di Rudyard Kipling è evidente: l’uso dell’apostrofo per segnalare l’assenza di h (‘is, ‘eathen), l’uso del doppio negativo ( ‘E don’t obey no orders), il verbo alla terza persona singolare non segnalato (‘E don’t) e il verbo to be coniugato con “is” (They is).


Why not?”
Rapids, miss. Rocks an’ cataracts an’ gorges. You ‘aven’t been
there, miss. I ‘ave. There’s a nundred miles of rapids down there.
Why, the river’s got a different nime where it comes out in the
Lake to what it’s called up ‘ere. It’s the Bora down there. That just
shows you. No one knew they was the same river”.
(The African Queen, C.S.Forester, 1925)

Nel testo The African Queen di C.S. Forester è usato l’apostrofo per segnalare l’assenza di h (‘aven’t, ‘ave, ‘ere) e il verbo to be è coniugato al passato con was (They was).


Nel Cockney è molto diffuso il “rhyming slang”, cioè l’utilizzo di una coppia di parole di cui la seconda rima con la parola che si intende dire:
bird lime = time
bull and cow = row
apple and pears = stairs
brown bread = dead
current bun = sun
daisy roots = boots
dog and bone = phone
north and south = mouth


ESTUARY ENGLISH

Estuary English (EE) è un termine coniato nel 1984 dal linguista inglese David Rosewarne: “a variety of modified regional speech […] a mixture of non-regional and local south-eastern English pronunciation and intonation”.
Il giornale inglese Sunday Times l’ha descritto come un dialetto tra il Cockney e il Queen’s English. Wells (1998) lo vede come “Cockney’s educated counterpart”.
Questa varietà si è sviluppata a partire dalla Seconda Guerra Monidale, e il termine “Estuary” riflette il punto dove è sorta, cioè l’area lungo il fiume Tamigi e i suoi estuari. Successivamente si è diffusa a nord fino a Norwich e a ovest in Cornovaglia.
In Gran Bretagna “speech is regarded as more indicative of social class than occupation, education and income”, dunque differenze nel parlato sono associate a differenze di classe sociale; infatti “EE is reported to be used by speakers who costitute the social middle ground” (Rosewarne, 1984).
Rosawarne sostiene che l’EE è un ponte tra le varie classi, indipendentemente dalle loro origini.
Per quanto riguarda le lingue, è importante il concetto di prestigio, cioè il valore attribuito dalla comunità di parlanti ad una lingua, varietà o dialetto. Le strutture standard godono di un prestigio palese in quanto sono pubblicamente riconosciute dall’intera comunità di parlanti. Tuttavia anche le forme non o substandard godono di un prestigio celato (Labov, 1972), legato a contesti più ristretti, locali. In Inghilterra, ad esempio, gode di prestigio palese il BBC English, mentre il Cockney gode solo di un prestigio celato. Tuttavia è la pressione esercitata dalla rete sociale o dal gruppo di pari a determinare la crescita del prestigio celato di una forma linguistica, e può persino accadere che esso si trasformi in prestigio palese: questo fenomeno si sta verificando con l’Estuary English, considerato a metà strada tra l’inglese standard e il Cockney (Santipolo, 2003), che negli ultimi vent’anni ha acquisito una maggiore accettabilità sociale, soprattutto grazie al suo uso nei media, come la radio e la televisione.

Esso è caratterizzato da:
  • accentuazione di preposizioni o verbi ausiliari che non sono accentati in RP (“Let us get TO the point”);
  • differenze lessicali rispetto allo SBE: ad esempio “Cheers” è usato al posto di “Thank you”; sono usati molti americanismi (“There you go” al posto di “Here you are”); “Sorry” è spesso sostituito da “Excuse me”;
  • grammatica: Altendorf (1999) nota che il Cockney English usa più grammatica non-standard del EE (EE: you were, Cockney: you was).

JAFAICAN

Multicultural London English (MLE) o Jafaican (= fake Jamaican), è un socioletto inglese nato nel XX secolo e parlato soprattutto nella Inner London dai giovani della classe operaia.
Il Jafaican contiene numerosi elementi delle lingue dei Caraibi (Jamaica, Trinidad e Tobago), del Sud Asia (India) e dell’Africa occidentale (Paul Kerswill, Harry Mount 2010).
Secondo il Sunday Times entro il 2030 il Jafaican soppianterà il Cockney. Tim Westwood, nell’articolo “Jafaican may be cool, but it sounds ridiculous” (www.blogs.telegraph.co.uk) sostiene: “the adoption of Jafaican, even among the privately-educated, reflects both a lack of confidence in British cultural values and an aspiration towards some forms of ghetto authenticity”.
Sue Fox della London University’s Queen Mary College, che sta studiando il fenomeno afferma: “people are beginning to sound the same regardless of their colour or ethnic background. It seems more likely that young people have been growing up in London exposed to a mixture of second-language English and local London English and that this new variety has emerged from that mix”. Sue Fox ha, inoltre, notato che simili slang stanno nascendo anche in altre città della Gran Bretagna.
Una delle principali caratteristiche del MLE è la regolarizzazione del passato del verbo “to be” con “was” all’affermativa (“You was”) e “weren’t” al negativo (“He weren’t”) per tutte le persone.


My mommy gone over de ocean
My mommy gone over de sea
She gawn dere to work for some money
An den she gawn sen back for me.
[…]
Mommy sen dis dress fah ma seventh birthday. Ah born de day
Before chrismas, an she sen de shoes and de hat to match.
Ah, wear it to church dat vary chrismas Sunday, an wen ah come out
Into de square, on de way to church wid Granny, all de ole
Man dem laughing and chanting.
[…]
(The Arrival of Brighteye, Jean Binta Breeze)
Jean Binta Breeze è una scrittrice inglese di origini giamaicane. Nella poesia “The Arrival of Brighteye” sono presenti alcune delle caratteristiche fonologiche del Jafaican: “th” si pronuncia “d” (de, dis, dere, den, dat, wid, dem), “wh” è reso con “w” (wen), “and” viene scritto “an”, “for” diventa “fah”.
www.poetryarchive.org/poetryarchive/singlePoet.do?poetId=1119  per ascoltare la pronuncia di questa ed altre poesie dell’autrice.


Caratteristiche sono le espressioni e il vocabolario Jafaican:
creps = trainers (“Gimmie dem creps, man”)
yard = home (“Nah, man. I’m chillin’ in my yard”)
yute = kids (da “youth”) (“Dose yutes be runnin’ round”: assenza del verbo to be)
bare = very, a lot (“I’m bare hungry”)
nuff = really (from “enough”) (“He was nuff rude”)



2.3 NORTHERN ENGLAND

SCOUSE

L’accento di Liverpool e della regione del Merseyside, conosciuto come Scouse /’skaus/ (dal termine norvegese “lapskaus”, uno stufato di carne mangiato anche dai marinai di Liverpool), è piuttosto diverso dell’accento delle vicine regioni del Lancashire e del Cheshire, a causa delle numerose migrazioni degli ultimi secoli, soprattutto dall’Irlanda. Le influenze irlandesi sullo Scouse includono: la pronuncia di “th” con /t/ o /d/; /k/ in fine parola che viene reso con /x/, l’uso di “youse/yous/use” /ju:z/ per il pronome di seconda persona singolare.
Lo Scouse è una varietà non rotica caratterizzata dal modo veloce e fortemente accentato di parlare.
Gli abitanti di Liverpool sono definiti Liverpudlians o Scousers (Chris Roberts, 2006).


When aw put little Sally to bed,
Hoo cried, ‘cose her feyther weren’t theer,
So aw kiss’d th’little thing, an aw said
Thae’d bring her a ribbin fro’ th’fair.

An’ aw gav’ her doll, an’ some rags,
An’ a nice little white cotton-bo’;
An aw kiss’d her again, but hoo said
At hoo wanted to kiss thee an’ o.
(Edwin Waugh)
In questo estratto una donna sta parlando con suo marito che è assente.
Da notare “thae” = “you”, “bo” = “ball”, “’at” = “that” o “all”.

GEORDIE

Con il termine Geordie viene definito il dialetto inglese parlato dagli abitanti della regione Tyneside e della città di Newcastle Upon Tyne, influenzato della lingua parlata dagli invasori anglosassoni giunti nel V secolo.
Oltre alla pronuncia, particolare è il vocabolario: baccy (tabacco), hinny (tesoro, amore), hoy (lanciare), mar (madre), nowt (niente), howay (= come on), netty (bagno).
Espressioni particolari sono: “Hoo ye gannin?” (“How are you”), “Whey aye, man” (“That’s right”), “Tara now, pet” (“Goodbye”), “Y’areet, hinny” (“All you all right, kid?”), “Give ower, y’a kiddin” (“Come on, you’re joking”).



I like to hear t’auld sayins
An teals fwok telt lang sen
They mun herv lived, these caracters
Beath women fwok an men.
(Evelyn Metcalfe, 1990)
Poesia in dialetto Geordie: “t’auld teals” (“the old tales”), “fwok” (“folk”), “telt lang sen” (“told long since/ago” dall’espressione Scots “Auld lang syne”), “mun herv lived” (“must have lived”), “beath” (“both”).


IL DECLINO DELLE LINGUE CELTICHE

Il governo del Regno Unito ha ratificato la Carta Europea per le Lingue Regionali e Minoritarie per il Cornish (Cornwall), l’Irish e l’Ulster Scots (Ireland), lo Scots e lo Scottish Gaelic (Scotland) e il Welsh (Wales).


2.4 SCOTLAND

La Scozia, abitata in origine da popolazioni celtiche rimaste estranee alla conquista romana, fu meta dal V secolo di una ingente immigrazione dall’Irlanda che favorì l’introduzione del Cristianesimo e di una nuova varietà linguistica, il gaelico, il quale si sovrappose ai dialetti originari soprattutto per un suo maggior prestigio culturale.

La conquista germanica della Gran Bretagna, dal V al VII secolo d.C., spinse le popolazioni celtiche verso le zone più impervie. Se la parte meridionale della Scozia, le Lowlands, incominciò presto a subire un processo di anglicizzazione, la zona delle Highlands restò sotto il controllo celtico fino al XII secolo e fino al 1700 il gaelico rimase l’unica lingua che vi si parlava.
Nelle Lowland vi erano due lingue: lo Sc
ots (inglese parlato presso la Corte di Edimburgo) e l’inglese della corte di Londra.


Nel 1560 l’introduzione della riforma protestante contribuì in maniera decisiva a spezzare i legami con le popolazioni gaeliche dell’Irlanda, rimaste cattoliche, e favorì un’ulteriore anglicizzazione politica e culturale del paese.
Nel 1603 Giacomo I unì sotto la sua corona i regni di Scozia, Irlanda e Inghilterra e avviò una nuova repressione della minoranza cattolica e, dunque, della popolazione gaelica.
Nel 1707 con l’Atto d’Unione si decretò la fusione di Scozia e Inghilterra, con l’assorbimento del parlamento scozzese da parte di quello di Londra. Il governo britannico promosse una campagna di assimilazione linguistica e culturale, con leggi anti-gaeliche che proibivano l’uso della lingua e altre manifestazioni della cultura locale.
Attualmente, dunque, in Scozia si parlano tre lingue: Scottish Gaelic, Scots e Scottish English.

HIGHLAND ENGLISH
Lo Highland English è la varietà di inglese parlato nelle Highlands scozzesi. Esso ha effetti di sostrato gaelico, soprattutto a livello fonologico e idiomatico, più forti che nelle altre forme di Scottish English, ma per il resto vicina allo SBE.
E’, dunque, leggermente diverso dalla varietà parlata nelle Lowlands.

SCOTTISH GAELIC
Lo Scottish Gaelic, lingua celtica importata dall’Irlanda nel V secolo, è stato l’idioma ufficiale degli antichi regni scozzesi e la lingua maggioritaria, ma dalla fine del Medioevo la lingua degli Angli iniziò a sopraffare la parlata celtica e l’area d’uso del gaelico iniziò a contrarsi sotto la spinta della nuova lingua.
Il gaelico è parlato, secondo il censimento del 2001 (www.gro-scotland.gov.uk/press/news2005/scotland-census-2001-gaelic-report.html), da 92.400 persone nelle Highlands nord-occidentali, nelle Isole Ebridi (Western Isles), e nello Strathclyde.
L’area di lingua gaelica è chiamata gàidhealtachd e il gaelico scozzese è chiamato Galwegian.
La comunità gaelica di Glasgow, la città dove sono immigrati molti scozzesi di quest’area, sembra ormai scomparsa.
Solo alla fine del 1800 vennero presi provvedimenti per consolidare il gaelico almeno nelle aree dove era ancora vivo. Oggi il gaelico non gode di uno status di ufficialità, ma è insegnato, insieme all’inglese, nelle scuole delle regioni dove viene parlato, in cui vi è dunque una situazione di bilinguismo. Infatti, grazie al sistema d’insegnamento decentralizzato, le contee godono della libertà di adeguare le scuole alle condizioni locali.
Una legge del 1911, ammettendo l’uso del gaelico davanti ai tribunali, segnò il primo riconoscimento dell’utilizzo dell’idioma in ambito pubblico.
Ma il vero riconoscimento della lingua gaelica si ebbe solo nel 1957 con l’istituzione di un comitato di studio, che promosse l’insegnamento dell’idioma nelle aree bilingui.
Nel 1975 nelle Ebridi Esterne diventò operante il Bilingual Education Project per formare giovani in grado di esprimersi sia in gaelico che in inglese.
Il Gaelic Language Act 2005 (www.legislation.gov.uk) conferì al gallese il suo primo status legale.
L’ente Bòrd na Gàidhlig sorveglia e promuove il gaelico.
Molti sono i provvedimenti presi negli ultimi anni per fermare la morte di questa lingua (scuole con insegnamento bilingue, editoria e programmi tv e radio – come Radio Scozia Libera- in gaelico) che hanno rallentato il declino del gaelico, ma non l’hanno fermato.
Si ha una massiccia diffusione dell’inglese anche per questi motivi: il passaggio sotto il controllo inglese delle produzioni tradizionali come la distillazione del Whisky; il passaggio della Chiesa dal gaelico all’inglese; la continua presenza di tecnici e amministratori anglofoni.


Luinneag: Gleann-a-Gallaidh, Gleann-a-Gallaidh,

Glean-a-Gallaidh nan craobh,
Cò a chì e nanch mol e,
Gleann-a-Gallaidh anan craobh.
Ri faicinn crìoch àrdain

Gamo bhreugadh gu taobh,
‘S ann a smuainich mi fanadh
An Gleann-a-Gallaidh nan craobh.

(Gleann Gallaidh, Robert Mackay)
Data la non intelligibilità, è necessaria una traduzione in inglese:
chorus: Glen Gallaidh, Glen Gallaidh,
Glen Gallaidh of trees,
Who can see and not praise it,
Glen Gallaidh of trees.
Seeing regions of hauteur
enticing me away,
I’d consider I’d stay there
In Glen Gallaidh of trees

Poesie in gaelico scozzese si possono trovare sul sito www.scottishradiance.com/poet/poet.htm




SCOTS

Lo Scots (anche chiamato Inglis, Scotch, Lallans, the Doric, Orcadian, Glaswegian o Shetlandic in base alla zona dove viene parlato) è la varietà dialettale d’inglese delle Lowlands, un’antica lingua germanica arrivata nella Scozia meridionale verso il V secolo d.C. a seguito delle migrazioni di popolazioni, soprattutto scandinave (ciò emerge soprattutto nel lessico, con la presenza di molti prestiti scandinavi), dall’Inghilterra del Nord.
Era la lingua più usata nell’intera Scozia, ma con l’unione delle Corone di Scozia e Inghilterra (1603) e il trasferimento della capitale da Edimburgo a Londra, si rafforza l’uso dell’inglese. Re James VI di Scozia divenne, infatti, James I di Inghilterra. I poeti della corte iniziarono, perciò, ad adattare il linguaggio delle loro opere al gusto del mercato inglese: a questo avvenimento si attribuisce la scomparsa dello Scots come lingua letteraria (McClure, 1994).
La rinascita culturale dello Scots si ebbe dopo la I Guerra Mondiale, grazie soprattutto all’opera dello scrittore nazionalista H.MacDiarmid, promotore del riconoscimento dell’autonomia linguistica del lallans e della sua letteratura.

Lo Scots è caratterizzato da una considerevole variazione dialettale interna ed è parlato anche in Irlanda del Nord (Ulster Scots). Non gode di uno status di ufficialità, ma il General Register Office for Scotland nel 1996 ha calcolato che ci siano 1,5 milioni di parlanti Scots (30% della popolazione), sebbene il numero di coloro che lo capiscono sia più alto, mentre il censimento del 2001 mostra che circa 2,7 milioni di persone lo parlano, soprattutto nelle zone rurali delle Lowlands, a Orkney e nelle Isole Shetland. Ci sono 5 principali dialetti di Scots: insulare (Isole Orcadi e Shetland), settentrionale, centrale (il più diffuso e che include Edimburgo e Glasgow), meridionale e Ulster (sia nord Irlanda che Eire). Con il termine Scotticisms si intendono le espressioni caratteristiche dello Scots (Oxford English Dictionary): “I’ll see you up the road” significa “I’ll come with you some of the way”, oppure “Aye, right” significa “Definitely not!”.
Tra le sue caratteristiche fonetiche più conservative vi è il mantenimento di /x/, scomparso dall’inglese nel 1400, e /r/ che si mantiene in tutte le posizioni, ad esempio where /hwεr/. Lo Scots ha delle peculiarità anche nel lessico: bairn (bambino), to speir (chiedere), fitba (football), na (no), ay (si), auld (vecchio), to ken (sapere).

I’ the how-dumb-deid o’ the cauld hairst nicht
The warl’ like an eemis stane
Wags I’ the lift;
An’ my eerie memories fa’
Like a yowdendrift.
(The Eemis Stane, Hugh Macdiarmid, 1925).
Quest’opera del nazionalista Macdiarmid inserisce espressioni Scots di vari periodi e aree.
Il significato è: “hoe-dumb-deid” (“In the middle of the night when silence reigns”), “cauld” (“cold”), “hairst” (“autumn”), “nicht” (“night”), “warl’” (“world”), “eemis” (“insecurely balanced”), “stane” (“fall”), “lift” (“sky”), “fa’ ” (“fall”), “yowdendrift” (“snow driven by the wind”).


In this puir warl’, fu’ o’ sin an’ shame,
Where death an’ change can illk moment claim,
Where frien’s are ever frae frien’s dividin’
Tae gang an’ bide in the Lasting Hame.[…]
(The Lasting Hame, L. MacBean, 1888)
Questo testo in Scots pubblicato da Lachlan MacBean nell’opera “The Songs and Hymns of the Scottish Higlands" è in realtà una traduzione di un inno in Scottish Gaelic scritto da Rav Peter Grant.


STANDARD SCOTTISH ENGLISH
Lo SSE è la varietà di inglese parlato in Scozia: “it is the characteristic speech of the professional class and the accepted norm in schools” (McClure, 1994).
Lo SSE deriva dal contatto linguistico tra lo Scots (che gioca ancora una forte influenza di sostrato) e lo Standard English dopo il XVII secolo, soprattutto in seguito all’introduzione della stampa grazie alla quale numerosi testi in inglese furono ampiamente distribuiti in Scozia allo scopo diffondere la dottrina protestante (Macafee, 2004; McClure, 1994).
Oltre a diversa pronuncia e grammatica, lo SSE ha un differente vocabolario che riguarda soprattutto le istituzioni scozzesi come la Church of Scotland, il governo locale, il sistema educativo e legale.
Alcune delle principali caratteristiche sono (McArthur, 1992; Sassi, 1995):
PRONUNCIA
  • nella pronuncia è influenzato dallo Scots ma anche dal sostrato celtico;
  • è una varietà rotica;
  • il sistema vocalico dello SSE ha solo 14 suoni; alcune pronunce cambiano dallo SBE: /æ/ (bad) e /a:/ (father) diventano /a/; /ai/ (buy) diventa /ae/.
  • vi è il fonema /x/ in molti nomi (loch) derivante dal sostrato gaelico;
GRAMMATICA
  • omissione di verbi di moto davanti ad avverbi di moto (“The cat wants (go) out”);
  • nelle forme negative si preferisce non contrarre la negazione (“He’ll not come”);
  • alcuni verbi che in SBE non ammettono la forma progressiva la ammettono in SSE (“I was hoping to see her. I’m wanting a drink”);
  • la forma passiva si costruisce con to go anziché con to be (“I got told off”);
  • è spesso usata la preposizione off of (“Take that off of the table”);
  • per chiedere l’età si dice “What age are you?”.
VOCABOLARIO
  • alcune parole scozzesi sono ormai entrate a far parte dello SBE: collie, glamour, raid, uncanny, bonnie (bella ragazza), whisky, kilt;
  • alcune parole dello SBE hanno significati diversi in SSE: stay (abitare, risiedere), uplift (riscuotere l’affitto);
  • Why not?” è spesso reso con “How not?”, e “It’s your turn” con “It’s your shot”;
  • alcuni termini specialistici di origine latina: janitor (bidello; SBE: portiere di un palazzo), advocate (avvocato che compare davanti alla corte; SBE: barrister);
  • una serie di termini legali e amministrativi ereditati dallo Scots (Murison, 1977): depute per deputy, proven per proved, interdict per injunction.


2.5 WALES

WELSH LANGUAGE
Il Galles, nonostante sia stato uno dei primi paesi celtici a passare sotto la dominazione inglese (il Galles venne annesso all’Inghilterra nel 1284), è riuscito a conservare il dialetto celtico gallese (o cimrico o gaeilge secondo l’ortografia locale) soprattutto nelle zone più a nord, isolate e arretrate.
La popolazione, dunque, è bilingue: la diminuzione numerica dei parlanti gallese è più lenta che in Scozia e Irlanda. Un indagine del 2004 indica che 611.000 persone (21.7% della popolazione del Galles) sono in grado di parlare gallese, mentre il censimento del 2001 (www.byig-wlb.org.uk) parla di 582.000 parlanti.
Il gallese è dunque l’unico idioma minoritario effettivamente praticato da un settore significativo della popolazione britannica.
Il gallese ebbe fin dal Medioevo un’importanza letteraria e religiosa molto forte, influenzando con il “Ciclo di Re Artù” gran parte della letteratura europea medievale.
Ma all’inizio del 1500 il Galles subì un profondo processo di anglicizzazione culturale che indebolì il prestigio del Welsh e preparò la definitiva unione del Galles alla Corona d’Inghilterra, mediante l’Atto d’Unione del 1536 con il quale l’uso ufficiale del gallese venne abolito e si impose l’inglese come lingua ufficiale.
Durante il 1700 furono inviati in Galles insegnanti di madre lingua inglese per diffondere la lingua e questo contribuì a dare all’inglese gallese la sua forma vicina allo SBE.
La Rivoluzione Industriale, inoltre, ebbe un ruolo importante nella diffusione dell’inglese in Galles, in quanto molti giovani gallesi emigrarono in Inghilterra in cerca di lavoro e, con la scoperta di giacimenti di carbone nel Galles meridionale, arrivarono in questa regione numerosi anglofoni per lavorare nelle miniere. Durante la Rivoluzione l’Inghilterra cercò, inoltre, di soffocare la lingua e le tradizioni celtiche.
Il gallese riuscì, però, a sopravvivere in quanto legato ad una cultura locale che restava vitale anche perché sostenuta dalle Chiese gallesi. Ad esempio alla fine del 1700 la Chiesa dei Non-conformati fondò le Sundays Schools che diedero un prezioso contributo alla diffusione della forma scritta e standardizzata del gallese.
Per reagire all’anglicizzazione sorsero istituzioni che favorirono la crescita della pubblicistica, della letteratura e dell’insegnamento del gallese.
Alcuni provvedimenti furono attuati dal governo britannico per ridurre l’abbandono del gallese: programmi radiofonici (1936), ammissione del gallese nei tribunali (1942), utilizzo scolastico (1947), Welsh Language Act (1967) con l’ufficializzazione del gallese negli usi pubblici accanto all’inglese, trasmissioni televisive (1982) e l’insegnamento obbligatorio della lingua (1988).
A Cardiff, la capitale del Galles, abita una popolazione fortemente motivata nella rivendicazione dell’autonomia del paese e della sua identità etnica (Barbina, 1974).
Dal 1967 il gallese è riconosciuto come lingua pubblica e giuridica del Galles: può essere usato nei documenti amministrativi o nelle testimonianze in tribunale. Esiste anche una televisione indipendente con metà dei programmi in Welsh.
Il 7 dicembre 2010 la Welsh Assembly ha approvato all’unanime una serie di misure per promuovere l’uso del gallese ( www.bbc.co.uk/news/uk-wales-11934239 ).

Cen ni bai ammod dyfod-i’m herbyn
A Duw gwyn yn gwybod
Oedd iawnach I fynach fod
Im gwrthefyn nag im gwrthod
(Kendall, Cynddelw Brydydd Mawr, 1200)
Traduzione in inglese:
Since no covenant would be produced against me,
Which the God of purity knows,
It would have been just of the monks
To receive than to reject me.

WELSH ENGLISH o WENGLISH 
Il gallese ha svolto un “effetto di sostrato” sul modo di parlare l’inglese locale, dando vita al Welsh English o Wenglish (WE).
Oltre alla particolarità della grammatica e del vocabolario, c’è una diversità nella pronuncia tra i dialetti di Cardiff, delle South Wales Valleys e del West Wales.
Le principali caratteristiche del WE sono (McArthur, 2002; Sassi, 1995; Trudgill, 1985):
PRONUNCIA
  • intonazione: mentre la RP ha un tono discendente in fine di frase, il WE ne ha uno crescente;
  • il WE è non rotico (ma chi parla gallese pronuncia la –r in tutte le posizioni come effetto di sostrato);
  • nelle varietà meridionali si ha la caduta di /h/ all’inizio della parola;
  • in WE ci sono consonanti non presenti in RP: ll (Llanelli), rh (Rhondda), ch (Pentyrch);
  • caratteristiche conservative, per cui came /ke:m/, bone /bo:n/, glass /glæss/.
GRAMMATICA
  • negazione doppia o multipla;
  • forme non standard del verbo (“I catched”);
  • raddoppio dell’aggettivo o dell’avverbio a scopo enfatico (“It was high high”);
  • uso di look you come riempitivo al posto di you see (“Tried hard, look you, but earned nothin” = ci ho provato tanto, sai, ma non ne ho ricavato molto);
  • impiego di there al posto di how nelle esclamazioni (“There’s lovely you are!”);
  • uso di do/did + verbo per indicare un’azione svolta regolarmente (“He do go to rugby all the time” = va sempre a rugby).
VOCABOLARIO
  • alcuni vocaboli sono di origine gallese: carreg (pietra), eisteddfod (festival culturale), jechyd da (prosit!);
  • alcuni vocaboli del SBE in WE sono usati con un significato diverso: delight (“forte interesse” anziché “divertimento, piacere”), tidy (“attraente” anziché “ordinato, pulito”);
  • tipiche WE sono parole come boyo e bach (“amico, fratello”: “Listen boyo, I’ve something to say to you”).

2.6 IRELAND

L’Irlanda è politicamente divisa in due parti: la regione nord-orientale, l’Ulster, è parte del Regno Unito, mentre il resto del territorio costituisce la Repubblica d’Irlanda o Eire.
La penetrazione politica inglese in Irlanda iniziò nel 1172 quando Enrico II vi estese il sistema feudale. La dominazione si consolidò all’epoca dei Tudor quando il parlamento locale dovette riconoscere la supremazia del re d’Inghilterra (1495) e accettare l’introduzione nel paese della legislazione inglese. Ciò portò ad una penetrazione della lingua dei dominatori, la cui diffusione, insieme a quella della religione anglicana, divennero lo strumento per l’eliminazione del gaelico e della religione cattolica.
La confisca di terre (nota come Plantations) a favore di coloni inglesi e scozzesi portò a numerose rivolte e anche alla diffusione della lingua inglese grazie all’arrivo sul territorio di parlanti anglofoni. Le ribellioni furono represse con l’unione forzata del parlamento irlandese a quello inglese, con l’Atto d’Unione del 1800.
Nel 1831, fu istituito il sistema scolastico nazionale che impose l’inglese quale unica lingua veicolare.
Nel 1800 nacque il movimento nazionalista ottocentesco che culminerà nel 1916 con lo scoppiò di un’insurrezione (Pasqua di Sangue) degli indipendentisti; l’isola si spezzò in due: nel 1921 nacque, dunque, lo Stato Libero d’Irlanda che divenne la Repubblica d’Irlanda nel 1948.


IRISH GAELIC

La lingua nazionale della Repubblica d’Irlanda è l’Irish Gaelic /geilik/, una varietà celtica dotata fin dal Medioevo di importanti tradizioni letterarie e culturali, ma decaduta al rango di dialetto col rafforzarsi della presenza inglese in Irlanda.
La monarchia britannica ne proibì formalmente l’uso già nel 1366 (Statuti di Kilkenny). Il gaelico venne relegato a lingua delle frange sociali più povere ed emarginate, priva di ogni prestigio e considerazione.
La contrazione della Gaeltacht, l’area dove si parla il gaelico irlandese, è stata vistosissima.
L’anglicizzazione del paese non ha però del tutto eliminato l’Irish Gaelic oggi ancora parlato dal 7% della popolazione, circa 110.000 persone (secondo il censimento del 2001) nelle regioni più occidentali dell’isola grazie ad una lunga campagna di rivitalizzazione linguistica.
La Gaeltacht è ormai ridotta ad alcuni territori non contigui situati sulle coste occidentali: nel Donegal, nel Cork, nell’isola di Clear, nel Waterford e nel Meath.

La riscoperta delle radici culturali e delle antiche tradizioni del popolo irlandese, che era il fulcro del movimento nazionalista ottocentesco, passò anche attraverso il recupero del gaelico, elemento essenziale dell’identità nazionale. Su iniziativa di istituzioni culturali come la Gaelic League (1893) sorse così una nuova letteratura in gaelico. La Gaelic League, nata per sostenere la lingua dell’isola, diffuse l’idea che una rinascita della lingua degli avi fosse impossibile senza l’indipendenza dagli inglese e fu uno degli elementi più attivi nel propagandare la lotta di liberazione.
In seguito alla proclamazione dello Stato Libero d’Irlanda (1921), la nuova Costituzione irlandese (1937, articolo 8), nel tentativo di rilanciare la lingua come strumento di identificazione del nuovo Stato e di indipendenza culturale dalla Gran Bretagna, dichiarò la lingua gaelica “prima lingua ufficiale e nazionale di tutto il paese”, accanto all’inglese che rimaneva la seconda lingua ufficiale.
L’insegnamento scolastico e l’uso pubblico dell’idioma vennero dunque estesi a tutto il paese.
Un gruppo di esperti ha tentato di rivitalizzare la lingua: il gaelico si è ammodernato, sono partite iniziative culturali (musica popolare, teatro, folklore, editoria), la toponomastica e gli atti ufficiali dell’amministrazione sono diventati bilingui.
Gli sforzi del governo irlandese che hanno mirato a salvaguardare il carattere simbolico del gaelico come espressione dell’identità nazionale, hanno avuto qualche effetto positivo sulla crescita del numero delle persone capaci di
esprimersi nella lingua nazionale, ma il gaelico non è comunque in grado di contrastare il prevalere dell’inglese.
Oggi si può calcolare che i bilingui non siano più di 40.000. La Gaeltacht gode di speciali provvedimenti governativi per trattenere la popolazione sul territorio ed evitare il flusso migratorio verso le grandi città, ormai del tutto inglesi.
Nel 2003 il parlamento irlandese ha approvato un ulteriore progetto di legge (Official Languages Act) che parifica l’uso delle due lingue ufficiali con lo scopo di dare nuovo impulso alla pratica del gaelico nell’uso vivo.
Vi è, inoltre, un ente, il Bwrdd yr Iaith Gymraeg (Welsh Language Board) che si occupa della promozione della lingua.

Tà do Ghàirdìn pléisiùir gan ubhall gan sméara,
Gan cnò gan càorai nà òirnì
Gan cuach, gan traonach, gan oiread an éinin,
Shinnfeadh ar théud nà ar chlàirsigh.
(Màaire Brùn, Carolan)

Traduzione in inglese:
You pleasure garden is without apple or blackberry,
Without nuts or berries or sloes,
Without cuckoo, without corncrake, or even a little bird,
Who would play on string or harp.

Una serie di canzoni, poesie, articoli di giornale e audio file in Irlandese sono presenti sul sito www.irishpage.com



IRISH ENGLISH o HIBERNO-ENGLISH

La politica coloniale del governo inglese del 1600 che mirava ad imporre la riforma protestante alla maggioranza cattolica della popolazione e la migrazione di numerosi coloni scozzesi contribuirono all’affermarsi di una varietà dialettale di inglese, l’Irish English (IrE) che, in quasi tutto il paese, prese il posto dell’antico idioma gaelico.
L’hiberno English ha le seguenti caratteristiche:
PRONUNCIA
  • conservazione della /r/ in tutte le posizioni (varietà rotica);
  • mantenimento della pronuncia /e:/ (in RP /i:/) in parole come meal e tea;
  • la /t/ della RP in fine parola può diventare /t/, per cui what e watch diventano omofoni.
GRAMMATICA
  • to be+after+-ing per esprimere il passato recente (“I’m after eating” = ho appena mangiato);
  • a-+-ing per indicare il passivo (“You were a-looking this last hour and more” = ti cerchiamo da più di un’ora);
  • il pronome di seconda persona plurale può essere ye o youse;
  • reduplication: la radice di una parola o un morfema vengono ripetuti nella stessa frase (“I brought my credit card to be sure to be sure”);
  • so” è spesso usato per dare enfasi (“I can speak Irish, so I can”) o alla fine della frase per indicare consenso (“Let’s go so”).
VOCABOLARIO
  • numerosi prestiti dall’irlandese (garsùn = boy; gob = mouth; whisht = be quiet);
  • parole e frasi dell’Old e Middle English (childer = bambino);
  • espressioni particolari: culchie = campagnolo, foothpath = marciapiede, mineral = bibita analcolica, runners = scarpe da ginnastica.


ULSTER ENGLISH
L’Ulster English è il dialetto di Hiberno English parlato dalla maggior parte della popolazione nell’Ulster e fortemente influenzato dall’Ulster Irish e dallo Scots.
Esso può essere ulteriormente suddiviso in Northern Hiberno-English, South Ulster English, Mid-Ulster English (quello che ha il maggior numero di parlanti) e Ulster Scots.

Circa 30.000 persone (secondo la Northern Ireland Life and Times Survey del 1999) parlano l’Ulster Scots, definito dal Northern Ireland Order 1999 (www.legislation.gov.uk) “the variety of the Scots language which has traditionally been used in parts of Northern Ireland and in Donegal”.
Vi è un ente, il Tha Boord, incaricato di sorvegliare e promuovere questa lingua.



Puir Wully is deed!”- “O, is he?”
“Ay, caul in his coffin he’s leein’!”
“Jist noo A em muckle tae busy

Tae trouble me heed about deein’;
There’s han’s tae be got fur the reapin’
We’re gaun tae the wark in the murn;
An’ A’m thinkin’ the rain ‘ill come dreepin’,
The-night, an’ destroyin’ the curn.
(Death and Life, Armstrong, 1901)
Traduzione: “puir” (“poor”), “deed” (“dead”), “caul” (“cold”), “leein’ ” (“lying”), “Jist noo A em muckle tae busy” (“Just now I am much too busy”), “me heed” (“my head”), “han” (“hand”), “gaun tae the wark” (“going to work”), “murn” (“ morning”), “dreepin’ ”(“dripping, dropping”), “the-night” (“tonight”), “curn” (“corn”).


Did ye hear that aboot oor Wullie?
He was up in Bilfast last week,

An’ his shedda wus tuch wae a spy gless,
A declare ye wud think it cud speak.
[…] (Oor Wullie’s Picthur,W.G. Lyttle)
Sono solo alcune le parole non comprensibili, perchè molte sono in inglese.
Una serie di poesie in Ulster Scots si trovano sul sito: www.ulsterscotslanguage.com/en/texts/poetry/






2.7 ISLE OF MAN

L’Isola di Man, nel Mare d’Irlanda, costituisce una dipendenza diretta dalla Corona britannica, alla quale è passata nella prima metà del 1700, e dunque non fa parte del Regno Unito, né dell’Unione Europea (lo stesso vale per le isole del Canale della Manica). L’ Isola di Man ha un parlamento, delle leggi e un sistema giuridico propri.
Nel III secolo venne popolata da genti d’origine irlandese che vi introdussero lo Scots. Sull’isola si praticava, dunque, un dialetto celtico, il manx o mannese, derivato dallo Scots e dal norreno degli antichi dominatori Vichinghi. Il manx, inoltre, contiene numerosi prestiti dal francese.
Il manx è stato indebolito dal predominio della lingua inglese, tuttavia resta formalmente lingua ufficiale accanto all’inglese nell’attività parlamentare: i provvedimenti legislativi sono redatti in entrambe le lingue.
Malgrado gli sforzi per la rivitalizzazione della lingua, l’uso del manx resta piuttosto debole: sono poche centinaia le persone colte che lo conoscono ancora e l’utilizzo formale della lingua gaelica ha un valore essenzialmente simbolico.
L’educazione primaria del manx è fornita dal governo dell’isola: esso viene insegnato come seconda lingua nelle scuole.
O Halloo nyn ghooie,
O’ Ch’liegeen ny s’bwaaie
Ry gheddyn er ooir aalin Yee;
Ta dt’ Ardstoyl Reill Thie,
Myr Barrool er ny hoie
Dy reayl shin ayns seyrsnys as shee.
(parte iniziale dell’inno nazionale dell’isola di Man)
Traduzione in inglese:
O land of our birth,
O gem of God’s earth,
O island so strong and so fair;
Built firm as Barrule,
Thy Throne of Home Rule
Make us free as Thy sweet mountain air.

L’inno nazionale è udibile sul sito www.gov.im/infocentre/audio/anth_v1.au



2.8 CORNWALL


Il cornico, lingua celtica, si è quasi estinto: è parlato oggi da circa 2.000 persone secondo il British Council, soprattutto grazie all’opera di rivitalizzazione compiuta da Henry Jenner nel 1903 con il suo Handbook of the Cornish Language.

Si è inoltre costituito un movimento per la sua rinascita, il “Mebyon Kernow”, un partito politico deciso a intensificare la lotta per ottenere l’insegnamento del cornico nelle scuole e per ottenere un’ università speciale per la Cornovaglia.
Dal 2002 il cornico è riconosciuto una minoranza ufficiale del Regno Unito grazie alla Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie, in seguito alla quale fu istituito il Cornish Language Partnership che rappresenta la lingua e i gruppi culturali della regione e che riceve finanziamenti dal governo britannico e dall’Unione Europea.
La Cornovaglia è il solo territorio celtico, oltre alla Bretagna francese, che non abbia personalità politica.

Nyns eus moy es peswar po pymp y’n trev ni a yll klappya kernewek lemmyn, pobel goth peswar ugens bloedh. Kernewek yw oll ankevys gans pobel yowynk.
(lettera del 1776 scritta da William Bodinar, parlante manx)
Traduzione in inglese:
There are no more than four or five in our villane who can talk Cornish now, old people, eighty years old. Cornish is all forgotten by the young people.


2.9 FALKLAND ISLANDS ENGLISH

Situate nell’Atlantico meridionale e rivendicate dall’Argentina che le considera parte integrante del proprio territorio nazionale, le isole Flakland sono in realtà un territorio d’oltremare del Regno Unito.
L’inglese che si parla qui, il Falkland Island English, ha le caratteristiche dell’inglese britannico e possiede nel proprio lessico di numerose parole spagnole (alizan, blanco, picasso).
Tuttavia, a causa dell’isolamento dell’isola, la popolazione ha sviluppato un proprio accento simile all’inglese dell’Oceania e allo Scots.